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La situazione della finanza pubblica che emerge dalla relazione della Corte dei Conti sul DEF, evidenzia “un netto peggioramento dei saldi di bilancio nonostante le imponenti dimensioni delle manovre correttive”. Sono un fautore del federalismo, convinto che la dimensione locale sappia alimentare responsabilità che il livello nazionale non ha, e ho sempre confidato nel pragmatismo bresciano, proprio di chi lavora e di chi, per questo, sa trovare la chiave di volta per risolvere le sfide della quotidianità. Per tutte queste ragioni, di fronte all’invito a non abbassare la guardia della Corte dei Conti, fatico a capire perché proprio a livello locale lo si disattenda. Mi riferisco al fatto per cui a Brescia dobbiamo sapere dalla stampa e dalla polemica elettorale dell’esistenza di un buco nel bilancio comunale di più di 30 milioni di euro. Il disavanzo è riconosciuto anche dalla maggioranza uscente, peccato che è consegnato al dibattito politico e non agli atti di programmazione finanziaria e che si concentra più sulle responsabilità che lo alimentano e non sulle soluzioni per risolverlo. Non capisco perché, non si siano, al tempo, adottate soluzioni come tagliare le spese o vendere proprietà pubbliche. Per converso, siamo ancora un Comune con una spesa pro – capite superiore alla media nazionale con immobili e partecipate che pongono Brescia, nonostante le sue piccole dimensioni, tra i Comuni che detengono più partecipate e asset in Italia. Il risultato è che per pareggiare i conti dei 396 milioni di uscite previsti per il 2013, non basteranno nemmeno più le soluzioni utilizzate fino ad ora. Non basteranno gli utili di A2a, che non possono essere considerati un’entrata stabile e che comunque sono ridotti del 15% rispetto a quanto non fossero solo 5 anni fa. Non potranno essere utilizzati gli oneri di urbanizzazione come in passato (32,6 milioni di euro complessivi negli ultimi 3 anni) perché, con le evoluzioni normative, è venuta meno la facoltà di utilizzarli per la copertura della spese correnti, facoltà con cui in tre anni il Comune ha pagato 9 milioni di spese correnti. E che dire delle ipotetiche alienazioni di partecipate? Da quest’anno alienazioni e plusvalenze, che fin al 2012 potevano in parte coprire la spesa corrente, non possono avere altra destinazione che la spesa per investimenti. Le uniche vie d’uscita sono: tagliare le spese, aumentare le imposte, adottare qualche operazione d’ingegneria finanziaria o societaria per occultare gli equilibri di bilancio oppure, sperare nell’intervento Regionale. Il taglio delle spese produce risultati solo nel medio termine salvo non si voglia fare “macelleria sociale” o ridurre i servizi, l’ingegneria finanziaria o societaria rinvia solo il problema con gli “interessi” (i derivati insegnano), resta l’incremento delle imposte o un intervento della Regione. Penso che, quale che sia l’opzione, se si vuole che la scatola nera della finanza pubblica, nazionale e locale, venga aperta, sia doveroso che ai cittadini siano sottoposte con evidenza cristallina le scelte su cui si punta per riequilibrare i conti pubblici, tanto più se questi sono chiamati ad esprimersi con il voto.