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Il Messaggero (24 luglio 2013)
Finanza di progetto per investimenti a costo zero
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Gli investimenti pubblici colano a picco: -24% lo scorso anno e -27% per il primo trimestre del corrente anno sono le contrazioni appena segnalate dalla relazione annuale del Presidente dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici. Le amministrazioni territoriali, che hanno la maggiore responsabilità per questi investimenti, hanno equilibri economico finanziari sempre più compromessi, tanto che in molti casi le loro risorse finanziarie permettono a mala pena di coprire le buche stradali. In questa situazione emergenziale il Governo, bloccato dai vincoli e dagli impegni comunitari, fatica ad essere reattivo quando le possibili soluzioni ipotizzano, anche solo lontanamente, l’impegno di nuove risorse finanziarie. Ne è una dimostrazione la lentezza con cui si sta cercando di rilanciare il “project financing” – PF – dando attuazione all’incentivo fiscale previsto dal Governo Berlusconi con l’articolo 18 della L.183 del 2011, la cosiddetta “Tremonti infrastrutture”. Quell’agevolazione prevedeva, in sostituzione del contributo a fondo perduto, sconti fiscali Irap, Ires e Iva alle società concessionarie di infrastrutture da realizzare in Project financing; ma, ad oggi, essa non è ancora operativa. Poco conta che il credito d’imposta di quella manovra fosse solo la versione restrittiva di un’agevolazione all’inizio fruibile solo per le autostrade e per progetti di valore significativo, ambito applicativo poi allargato dai Governi successivi. Poco importa, inoltre, che si tratti della formalizzazione di una diluizione dell’impegno dello Stato, visto che si sostituiscono contributi a fondo perduto da liquidarsi subito con incentivi fiscali fruibili solo nel tempo dei trent’anni di concessione. Sta di fatto che il credito d’imposta, anche in questa previsione prudenziale, sta perfezionando solo ora, dopo l’OK tardivo del MEF, la sua fruibilità. Questo mette in evidenza l’esiguo spazio di manovra finanziaria in cui questo Governo è costretto a muoversi. Nel frattempo il Project Financing registra cali significativi, -37% nel 2012 e -72% nel primo trimestre del 2013, tanto che qualcuno suona il “de profundis” per questa soluzione finanziaria che nel passato ha permesso di supplire all’inerzia degli investimenti pubblici. Ma se è comprensibile la prudenza governativa fino al limite dell’inerzia di fronte ai vincoli finanziari, lo è meno quando alcune soluzioni si potrebbero adottare a costo zero. Mi riferisco al fatto che la task force nazionale dedicata al project financing, l’Unità Tecnica per la Finanza di Progetto (UTFP), langue dall’inizio dell’anno nelle more del rinnovo contrattuale dei suoi collaboratori. L’Unità è stata nel tempo depotenziata, con misure quali l’abolizione, ad opera del d.l. n. 201 del 2011, dell’obbligo per il CIPE di acquisire in ogni caso le valutazioni dell’UTFP per le infrastrutture da realizzare con il ricorso a capitali privati o ancora con le misure di defiscalizzazione della citata “Tremonti infrastrutture”, subordinate solo all’acquisizione di un parere dei NARS (Nucleo di consulenza per l’attuazione e regolazione dei servizi di pubblica utilità) senza alcun ruolo previsto per l’UTFP. Anche il trasferimento dell’UTFP alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ha costituito un vulnus all’autorevolezza originaria della task force, in quanto tale spostamento, pur non modificandone le competenze, ha di fatto privato l’Unità della capacità di spesa e di indipendenza decisionale. Nel tempo è stata eliminata anche l’originaria previsione legislativa che vedeva tra le funzioni dell’UTFP quella di assistenza alle amministrazioni territoriali e sono aumentati i vincoli organizzativi come la previsione – d.P.C.M: 22 luglio 2008 – che l’organico dell’Unità fosse ridotto al massimo di 10 componenti. In realtà è scandaloso che in Italia sia stato così poco valorizzato il ruolo di questa task force voluta nel 1999 dal Governo D’Alema per emulare il supporto che in giro per il mondo team specializzati offrivano ai loro governi per implementare correttamente questa tecnica di finanziamento. Una task force specializzata è in grado infatti di offrire un supporto prezioso se si considera che la mortalità di queste iniziative in Italia è, secondo la stima del rapporto dell’Ocap-Sda Bocconi, intorno all’88% dei progetti, per lo più ascrivibile all’imperizia delle amministrazioni. Come rileva un’analisi dell’ANCE sulle gare per la costruzione e gestione di infrastrutture pubbliche (porti, autostrade, impianti fotovoltaici, cimiteri, ospedali, ecc…) bandite in Italia tra il 2003 e il 2009, nel nostro Paese si evidenzia non solo un deficit di competenze da parte delle amministrazioni, ma anche un’assenza di assistenza qualificata a questi enti del territorio. Il Dossier, condotto con un questionario a 411 amministrazioni concedenti, evidenzia che la criticità più ricorrente, emersa nel 24,2% delle gare analizzate, è connessa ad una carenza delle definizioni contrattuali origine di contenziosi, e il 16,7% del contenzioso riguarda anche ricorsi in merito alle procedure di aggiudicazione. Per far fronte a tali criticità, non esiste Paese, a livello internazionale, che non abbia una task force che fornisce assistenza, contratti standardizzati, linee guida, check list, formulari di valutazione della convenienza ecc. ecc.. Se qualcuno volesse verificare la serietà con cui il Project Financing è sviluppato nel mondo basta che consulti il sito dell’EPEC, il centro europeo di competenze in materia di partenariati pubblico-privati costituito nel 2008 dalla BEI e dalla Commissione Europea, o quello del HM Treasury (il Ministero del Tesoro Inglese). Si potrà verificare che tutto questo esiste come si potrà constatare che gli inglesi nel 2009 hanno promosso anche una task force in Joint ventures con le municipalità locali, “Local Partnership”, per garantire che gli investimenti in PFI siano realizzati secondo criteri di efficienza, economicità e totale compatibilità con le regole comunitarie. Tutto questo è a costo zero e rappresenta un esempio di buon governo nei fatti e non nelle parole; quindi in assenza delle risorse per i contributi almeno si faccia ciò che non comporta oneri riattivando l’Unità per la Finanza di Progetto, potenziandola e soprattutto abilitandola, come nella originaria previsione normativa, ad operare a supporto del territorio.