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In tempi di scelte difficili e spesso impopolari l’unica strada percorribile per i politici è quella della trasparenza e della partecipazione della collettività alla definizione delle politiche pubbliche. La sussidiarietà, di cui informazione e coinvolgimento delle persone sono due postulati, è l’unica soluzione per affrontare, sia la crisi politica, sia quella finanziaria. Volendo limitarsi alla crisi finanziaria, organi di controllo e informazione danno atto della precarietà delle finanze locali, stimando tra i 30 e i 70 miliardi il “buco” di queste amministrazioni. Si tratta di una stima poco precisa perché, molti amministratori pubblici evitano di avviare la procedura formale di dissesto finanziario ai sensi del Testo Unico degli enti locali (D.lgs. n. 267/2000). Del resto, in assenza del vantaggio che implicava il risanamento a carico dello Stato, abolito dopo la riforma costituzionale del 2001, i politici locali non hanno alcun incentivo a dichiarare il dissesto , a fronte peraltro dei vincoli e delle conseguenze sanzionatorie che per loro implica. In conseguenza di questa irresponsabilità la lista dei comuni formalmente non in dissesto, ma nei fatti in gravissima crisi finanziaria è lunghissima: Messina, Parma, Reggio Calabria, Napoli, Palermo, Foggia, Catania, Alessandria, ecc. ecc. Quello che si vede e si conosce è solo la punta di un iceberg che coinvolge molti altri enti locali non dimenticando le Regioni, di cui quattro cumulano i due terzi dei 50 miliardi di loro debiti. Gli effetti per i cittadini sono pesantissimi gli unici a non pagare sono i politici tanto che anche la “relazione di fine mandato” prevista nel 2011 dall’ultimo decreto sul federalismo è rimasta lettera morta nelle more della approvazione da parte del Governo dello “schema tipo” per la sua redazione. La relazione degli amministratori uscenti accerta per il comune e le partecipate la situazione degli impegni finanziari, delle azioni intraprese per contenere la spesa e rispettare i saldi finanziari, i controlli e i rilievi e altro ancora; tutto ciò a beneficio della collettività in primis e dei nuovi amministratori poi, evitando il balletto delle responsabilità tra chi lascia e chi si insedia, ma soprattutto sanzionando fino alla ineleggibilità politica chi è causa di dissesto. Fortunatamente il Decreto-legge n.174/2012 ha sciolto ogni riserva, stabilendo che la relazione va redatta a prescindere dal fatto che il Governo abbia approvato lo schema- tipo. Così gli amministratori uscenti, come nel caso della nostra città, devono redigerla non oltre il 90°giorno antecedente la data di scadenza del mandato, trasmettendola alla Corte dei conti e pubblicandola sul sito web del comune. Il decreto peraltro prevede una sanzione pecuniaria per gli amministratori e i tecnici che omettono tale redazione. Finalmente un po’ di chiarezza, trasparenza e responsabilità, così anche i cittadini avranno maggiori elementi per esprimere i loro giudizi e forse si ristabilirà quel principio che ha sempre ispirato il federalismo: “vedo, voto e pago”. Questo tranquillizzerà in parte chi è rimasto amareggiato per la scelta del nostro sindaco che ha comunicato di non voler varare il bilancio previsionale garantendo però una puntuale rappresentazione della situazione finanziaria ai candidati sindaci. In parte perché la relazione di fine mandato non esaurisce né tutti i contenuti né tutte le funzioni di un bilancio previsionale, ma soprattutto in parte perché tale omissione è un vulnus per i cittadini ancor prima che per gli altri candidati sindaci alle prossime elezioni.